Dopo l’unica sosta nell’Armagnac Ténarèze, ho proseguito per Eauze, la capitale del Bas Armagnac. Qui, dopo un floc nella piazza del paese, la gentile signora della pro loco mi ha fornito carte e info sui produttori, ma solo del Gers, la provincia più estesa di questo cru. Eauze, anticamente chiamata Elusa, capitale della provincia romana della Novempopulania dal tempo di Diocleziano al IX secolo d.C., espone un tesoro gallo-romano ritrovato intatto qualche decennio fa durante gli scavi nei dintorni: ben 28000 monete e svariati gioielli.
Per mancanza di tempo non ho girato i produttori del Bas Armagnac del Gers, pur essendocene di molto interessanti. La località termale poco distante, Barbotan, merita una sosta: rinomata per le sue cure ai reumatici, è un placido paesino collinare denso di hotel e condominietti per vacanze. In Francia le cure termali agli ammalati sono concesse per 3 settimane, così gli ospiti preferiscono più spesso affittare un appartamento che soggiornare lungamente in albergo.
Sconfinando nella vicina provincia delle Landes, si entra in Aquitania, la regione di Bordeaux: poco a nord di Barbotan si trova Roquefort, celebre per la dinastia di ristoratori ed affinatori di acquaviti che ha reso famoso nel mondo l’armagnac, i Darroze. Purtroppo il loro spazio espositivo era chiuso per la domenica. Il noto formaggio omonimo invece si produce a Roquefort-sur-Soulzon (dipartimento dell’Aveyron), oltre che in mezza Francia.
La parte più interessante della gita è stata il giorno dopo, quando finalmente ho iniziato a scorrazzare nel [grand] Bas Armagnac delle Landes: denominazione non ufficiale, ma che parla da sola. Qui le località, di poche anime, talvolta villaggi minimi nascosti tra campi e fitte foreste di latifoglie ed alti pini, dove una modestissima casupola o una sola stanza addossata all’antica chiesetta romanica del luogo portano la scritta Mairie (municipio) e la bandiera francese, fanno palpitare i cuori degli appassionati, come se foste tra gli chateaux del bordolese. I comuni di Le Freche, Arthez, Labastide, Perquie, Lacquy costituiscono le culle dei più rinomati produttori di armagnac. Altri ottimi produttori li trovate a ridosso del confine regionale, nel grand Bas Armagnac del Gers.
Chateau de Ravignan – Perquie – Landes – CC license – author Jibi44
Ho visitato il domaine de Ravignan, uno dei produttori più illustri dell’armagnac: si trova appena fuori il villaggio di Perquie, in posizione isolata tra i boschi: il castello, una dimora in stile Luigi XIII, è aperto al pubblico in stagione; più interessanti sono le cantine, situate poco oltre, in una modesta corte rustica chiusa da un’antica e pregevole chiesetta, e dal cimitero. La semplicità è la cifra dell’armagnac: alcune decine di botti, un ambiente buio e parecchio rustico, un bancone di legno, un cortese fattore che raccontandomi l’armagnac mi ha servito dalle bottiglie-campione diverse annate della loro produzione. È tutto qui. Ma quale raffinatezza in questa semplicità: nonostante il bicchiere inadatto, gli armagnac provati esprimevano un valore considerevole; nessun dubbio, ormai l’esperienza mi ha insegnato a riconoscere un grande distillato, e ne ho trovati almeno due.
L’annata più vecchia in vendita in questi anni è il 1981, benché il custode mi assicurasse che nelle cantine sotto il castello riposano armagnac ancora più vecchi. Ottima: piena, pura stoffa di un armagnac maturo e profumatissimo. Il 1985 invece è deludente, un distillato fiacco e poco aromatico, forse una vendemmia infelice. Bastano tre anni ancora, invece, ed il 1988 si riscatta con un’eleganza ed un retrogusto infiniti. A detta del mio ospite, non conviene degustare gli armagnac più giovani, 20 anni sono un minimo tempo perché questi distillati possano esprimersi al meglio.
Il domaine d’Ognoas – Arthez d’Armagnac – Landes – CC license – author Jibi44
Un paio d’ore dopo ero al domaine d’Ognoas: questa vasta tenuta di ben 650 ettari di cui metà a foresta e 50 vitati, al fondo di un lungo viale nei dintorni di Arthez d’Armagnac, è di proprietà pubblica; appartiene infatti alla provincia delle Landes, che la gestisce come azienda sperimentale e turistica. Qui il panorama muta: troviamo una curata e fiorita casa padronale, la reception è moderna, organizzata, e ospita un’enoteca frequentata dai turisti. La gentile madame che mi ha accolto parla un inglese fluente, e accompagnandomi nel retro mi ha “iniziato” ai segreti dell’armagnac, prelevando da una delle quattro botti appoggiate al muro una grossa pipetta che ha versato nel bicchierino a ballon in uso da queste parti. Avendo poco tempo, non siamo andati a visitare il chai, ma è bastato per gustare un ottimo distillato: il 1992, profumato di agrumi, ed un sontuoso e molto più convincente 1994, perfetto esempio di un armagnac tradizionale e fatto con molta cura. Appena un passo indietro rispetto a quelli di Ravignan, ma sempre un bere da signori.
Il più antico alambicco armagnacco esistente, e tuttora funzionante nel domaine d’Ognoas (1804) – CC license – author Jibi44
Nel pomeriggio, a spasso per Le Freche, altro paesello di grande rinomanza per l’armagnac, saltando il venerato [e costoso] santuario di madame Lafitte (domaine Boingnéres) di cui conosco già l’eccelsa produzione, ho visitato un’altra piccola azienda. Per una lunga stradella inghiaiata in mezzo a vigneti e campi di granoturco si raggiunge il domaine de Jouatmaou: l’aspetto non è molto diverso da una cascina lombarda, rustici moderni con trattori e attrezzi, qualche aiola fiorita, due cani socievoli, e di fianco la casa colonica con l’ingresso rialzato.
La sorpresa è sotto: il seminterrato su cui si fonda la casa, al quale si accede scendendo per un pertugio, è un basso antro in terra battuta, tappezzato di giornali vecchi ed argilla ancora bagnata per le recenti piogge, a causa delle aperture ad altezza del terreno. Le botti, rialzate dal pavimento, riposano in un’estrema rusticità in questa semioscurità umida e ventilata. L’accoglienza è cortese, ti offrono un bicchierino, e fai alcuni assaggi da diverse botti; la padrona di casa mi invitava ogni volta a versare sul pavimento l’armagnac non bevuto, per poterne provare uno nuovo. Mi piangeva il cuore! Qui ho provato il loro armagnac vecchio, un 1950 imbottigliato nel 2010, ormai snervato e poco interessante. Mentre il 1982 a trentadue anni di botte canta ancora allegramente la sua vita, per quanto meno ricco e potente dei fratelli che ho gustato in giornata. È contadino ed alla mano, come la sua bizzarra cantina guascone.
La bassa cantina del domaine de Jouatmaou
Ho scoperto quindi tre conduzioni completamente diverse: la tenuta nobiliare, la fattoria-modello statale, la cascina contadina; e tre armagnac del tutto tradizionali ma che riflettono l’impostazione produttiva: superbo ed orgoglioso il primo, metodico e raffinato il secondo, solido e rustico l’ultimo.
Il livello culturale ed economico del proprietario influenza infatti la qualità del distillato, a parità di territorio: determinante è l’impiego di botti nuove, sistematico nei produttori meglio organizzati e ricchi, sporadico o parziale nei contadini. Ciò non avviene nel cognac, dove la botte nuova è di uso costante per i distillati giovani.
Comincio a credere che il vero grande distillato di Francia nasca nelle sperdute campagne della Guascogna tra oche e girasoli. Più raro del suo fratello maggiore (produzione globale 5-7 milioni di bottiglie/anno di cui forse solo 1 milione con millesimo, contro 160 milioni del cognac), imprevedibile nelle varie annate, e se vogliamo pensarla un po’ romanticamente, somigliante al suo produttore.
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