Posts Tagged ‘cognac finishing

09
Feb
20

Il cognac ha deciso: NO al finishing

Era nel’aria da tempo: tra i produttori ed i controllori della filiera cognac la discussione sul finishing andava avanti accanitamente, tra le fazioni dei modernisti e dei conservatori.

Come saprete, la pratica del finishing è quella per cui il distillato viene posto in una botte (impregnata) che ha contenuto un altro liquido, sia esso vino oppure un distillato, per la sua maturazione finale. Il metodo è ampiamente utilizzato nel whisky, e per il brandy spagnolo. Invasivo ed incisivo sul prodotto finale, l’apporto di una botte di primo passaggio segna permanentemente il carattere dell’acquavite che uscirà da questa. In misura minore, se la stessa sarà di secondo, terzo o quarto passaggio.

A farla breve, si tratta di un metodo di concia del distillato che si avvale di ciò che contiene la botte nelle sue doghe, e quando si vuole imbrogliare, anche nel suo fondo: non è poi così raro che ciò accada. Per certi distillati questo matrimonio adulterino avviene senza troppi scrupoli, ma che non lo si sappia, per amor di Dio. Il cliente in cerca di morbidezza, la famosa e vendibilissima smoothness, la troverà facilmente ed il distillatore non avrà bisogno di pagare il prezzo degli anni di maturazione, o di cercare altre scorciatoie ancora meno legittime. Così va il mondo. Ma questo è il lato oscuro del finishing.

cognacbarrel2

Anche a Cognac la tentazione è stata forte: il finishing è troppo interessante come strumento per portare in commercio in pochi anni dei brandy accattivanti e godibili, apprezzati da un pubblico indistinto e dalla mixology, per non utilizzarlo.

Soprattutto le Grandi Case hanno tentato questo approccio. Peraltro semplice per loro, dal momento che essendo ormai multinazionali, hanno gioco facile nell’ottenere dalla propria filiera globale le botti usate necessarie. Uno scherzo da ragazzi, insomma. Più costoso e complicato a farsi invece, per i produttori artigianali legati alla secolare manualità.

La rottura della tradizione si è consumata quindi, sotto la pressione del mercato – si badi bene, non dei consumatori, ma della concorrenza industriale – dando la stura a prodotti non convenzionali, per inseguire una moda, e forse, crediamo, per tentare di avvicinare al consumo del cognac una platea di bevitori già abituata a questo linguaggio liquido.

Ecco quindi la Martell creare pioneristicamente nel 2016 il Blue Swift, un “cognac” VSOP con finishing in botti ex-bourbon. E la risposta della Courvoisier, l’anno seguente, con la Master’s Cask Collection, una bella strizzata d’occhio al mondo del whisky con un audace finishing in botti ex-sherry PX. All’inseguimento, la Camus con l’accattivante Port Cask Finish. Non ultimo, il marchio Pierre Ferrand, ormai lanciato all’inseguimento dei big e fortemente orientato al mercato della mixology, osava due diversi finishing in botti ex-sauternes ed in legno di castagno.

Nella scia di questo svecchiamento del cognac si è posta anche la Maison Bache-Gabrielsen, con la sensibilità del suo Maître de chai Jean-Philippe Bergier, che però ha utilizzato un finishing in quercia bianca per il suo VSOP American Oak, rimanendo quindi nelle pieghe della tradizione. Lo stesso ha fatto la Maison Park con un VSOP finito in quercia Mizunara.

Il prezzo da pagare è infatti assai alto: il cognac che vede legno contaminato da altri liquidi oppure legni diversi dalla quercia perde il diritto alla AOC Cognac. Il disciplinare è tassativo, e le pressioni della grande industria per ottenere la necessaria flessibilità creativa sono state, come si può immaginare, parecchio forti.

Ora è arrivata la decisione finale.

Il BNIC, l’organo regolatore di tutta la filiera della professione, esaminata la questione definitivamente, prima di Natale ha deciso che la pratica del finishing non darà diritto alla denominazione cognac.

Tutte le produzioni in commercio a base cognac che hanno subìto finishing continueranno a mantenere quindi il comune titolo di eau-de-vie de vin, e non la patente di nobiltà di cognac.

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Vigneti dell’AOC Cognac – fonte: http://www.tourism-cognac.com

Ciò non toglie la legittimità degli esperimenti delle Case, e perfino l’apprezzamento per gli accattivanti risultati ottenuti, ma la tradizione è salva. Ed alla tradizione si appellano le centinaia di artigiani distillatori e di imbottigliatori indipendenti, che confidano solo nel tempo per donare ai loro cognac le caratteristiche che hanno reso famosa quest’acquavite. Il Re non è nudo.

© 2020 il farmacista goloso (riproduzione riservata)

16
Ott
16

Nuove strade per il cognac

Cognac. La prima, comune associazione di idee che viene in mente è: liquore elitario per pensionati facoltosi. Se non viene in mente nulla, invece, tranquilli: è tutto normale.

Il re dei distillati è ridotto maluccio in Italia, e non solo ad immagine. Non c’è under 40 nostrano che ne abbia bevuto il minimo sindacale per capirci qualcosa di sensato. In compenso loro sanno tutto di premium vodka, cachaça, gin, ed i più acculturati di rum e whisky.

Ma questo vegliardo tra i distillati, che per secoli è rimasto fedele alle sue tradizioni, pur ottenendo ogni anno grande successo di vendite in oriente e negli Stati Uniti, ora sta cominciando a ripensare se stesso, proprio per avvicinare chi non l’ha mai conosciuto.

Complice il cambiamento nel modo del bere forte, sempre più spostato verso la facilità spensierata (e la quantità) dei cocktail, e grazie ad una vigorosa strizzata d’occhio al concorrente scozzese, il cognac si sta rinnovando. O almeno ci prova: timidamente.

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Larsen Summer Blend, acquavite di vino – da Boutiquebarshow.com

Come? È facile: rinunciando alla tradizione, e cercando di acchiappare il gusto di una parte di bevitori che pur avendolo nel bicchiere mai avrebbero pensato al cognac. L’avanguardia di questa tendenza era già stata immessa sul mercato qualche anno fa: ve ne ho già parlato qui.

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Hervé Bache-Gabrielsen con la sua nuova e controversa creatura American Oak cognac – fonte: Charente Libre

Ora uno dei grandi player del mondo cognac si fa avanti con un cognac-non-cognac. Questo: Martell Blue Swift. Che viene dichiarato come Cognac VSOP finished in Bourbon Casks. Avete capito già tutto. La differenza con un cognac normale è solo il finishing. Parola e tecnica finora mai approdate sulle rive della Charente, ma solo per un motivo semplicissimo.

Il cognac maturato in botti diverse da quelle di quercia, o che hanno contenuto altro da cognac in precedenza, perde il diritto alla AOC Cognac, cioè alla propria denominazione. Tant’è che la maison, per la prima volta nella sua trisecolare storia, deve fare a meno della scritta cognac Martell, e chiamare questa creatura ibrida eau-de-vie de vin.

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Martell Blue Swift (acquavite di vino) – da http://www.cognac-expert.com (per gentile concessione – by kind permission)

A dire il vero qualche timido tentativo c’è già stato, da parte di alcune ditte “nordiche”, la Larsen e la Bache-Gabrielsen. Per la prima (Summer Blend, lanciato a Londra al Boutique Bar Show il 20 settembre) si tratta di semplice acquavite di vino non invecchiata, passata per sei mesi in quercia americana, pensata per la miscelazione; per la seconda di 3000 bottiglie di cognac finissato in botti nuove, tostate secondo la maniera del bourbon, riuscendo così a mantenere la denominazione controllata. La Martell invece spiega in etichetta che si tratta di un cognac Vsop; ad un consumatore distratto salterà all’occhio solo il logo della celebre ditta, e non che è un prodotto declassato. Del resto anche a Jerez si gioca su questo. E il dibattito sulla liceità del metodo del finishing, e sulla necessità di rafforzare il disciplinare per sfuggire a queste tentazioni moderne, sta impazzando a Cognac in questi ultimi mesi.

Sottigliezze commerciali, si dirà. L’associazione Martell-cognac è talmente forte che probabilmente non preoccupa la Casa, ma è un segno dei tempi. Il target sono gli USA, il mondo dei cocktail e del rap, gli afro-americani, tra cui il fulvo francese funziona, ma a quanto pare non abbastanza. Il cognac cerca nuove strade per sfondare in mercati ancora sordi alle sue seduzioni: E per batterle, si vende l’anima.

© 2016 il farmacista goloso (riproduzione riservata)




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