Interessante discussione sul futuro del cognac in questi giorni su una pagina Facebook.
Si ragionava tra produttori ed appassionati della possibilità di utilizzare botti diverse da quelle tradizionalmente impiegate nella maturazione del cognac, ovvero il rovere francese del Limosino e del Tronçais, e del futuro del cognac: innovazione contro tradizione.

Un Paradis con botti di cognac – vendemmia 1900
Il disciplinare più recente del cognac, per una (voluta?) omissione, non stabilisce più la provenienza delle botti, purché siano nuove e di quercia; questo ha lasciato lo spazio ad alcune Case di sperimentare le maturazioni in legni diversi (in pratica solo in legno di quercia americana, ovvero quelle impiegate per fare il Bourbon, le più economiche ed abbondanti sul mercato).
Le posizioni sono diverse: alcuni produttori tradizionalisti ritengono che la botte debba ancora essere di quercia francese, mentre molti appassionati vedono di buon occhio una nuova strada verso profili gustativi mai osati prima.
Indubbiamente una delle grandi risorse degli spiriti concorrenti, whisky e rum, sono le botti (usate) di diversa provenienza, per aggiungere sapori e colori a materie prime povere di congeneri aromatici. Nel caso del cognac, derivato dal ben più ricco vino, ce n’è poco bisogno, a meno di ragionare su invecchiamenti brevi o brevissimi.
Il pericolo in agguato, è, come per lo spirito scozzese, l’andare verso l’uso di legno di sempre peggiore qualità, mal maturato e mal scelto, per abbassare i costi di produzione del prodotto. Il compianto Samaroli diceva che una delle cause dell’inferiore qualità del whisky rispetto al passato era proprio nell’uso di botti qualunque. Potrebbe succedere domani anche col cognac.

Tostatura delle botti di Bourbon whiskey – da thedailybeast.com
L’uso ragionato del legno di qualità è sempre stato l’arma segreta per creare cognac di straordinario profilo aromatico, vedi il lavoro di una vita di Pascal Fillioux, che per questo è stato definito il “mago degli aromi”. L’erede, Cristophe, non vede un problema nell’uso di altri legni, ma lo considera al più un esperimento divertente, non certo un’opportunità.
Hervé Bache-Gabrielsen, della Casa franco-norvegese, che ha prodotto un cognac di questo tipo, considera invece l’uso di maturazioni in legni non tradizionali un modo per innovare il cognac e per avvicinare i consumatori più giovani con un linguaggio più familiare, poiché gli under 30 sono intimiditi da un prodotto a loro sconosciuto. La diversità è la chiave, sostiene, distingue e apre orizzonti, specialmente per le piccole e medie Case che non possono competere con le grandi Maison, nelle cui mani si concentra il 92% del commercio del cognac.
Un altro appassionato pensa che il cognac deve aprirsi ai più giovani con queste nuove strade, mantenendo al contempo la tradizione secolare. L’argomento è difficile: il cognac ha il piede lento, come gli abitanti del territorio, chiamati in dialetto cagouillards (più o meno lumaconi). Adattarsi al mercato dovendosi portare dietro la zavorra di secoli, e le lente maturazioni, rischia di far arrivare all’obiettivo quando il consumatore ha già cambiato moda. I trend nel mondo dell’alcool sono volatili: oggi va il gin, ieri era il whisky, domani sarà il rum bianco o la tequila; il cognac ha bisogno di questi azzardi?
Eppure rincalza Bache-Gabrielsen, siccome i bevitori oggi sono molto mobili, non vanno annoiati con una bevanda monolitica e che sa poco differenziarsi da una Casa all’altra. Bisogna innovare ed incuriosire, per portare col tempo il consumatore a scoprire il vero cognac.
La mia impressione in questo dibattito, tuttavia, è che il cognac non abbia bisogno di tradire le proprie origini con strambe maturazioni stile whisky o altri magheggi. Il suo carattere deciso, la sua attitudine all’invecchiamento, dove le migliori acquaviti cominciano ad esprimersi all’età in cui gli altri spiriti sono decrepiti o sviluppano un coacervo di aromi ormai illeggibili, sono ancora la strada maestra.

Cumuli di botti di Bourbon usate in attesa di compratori
Se in un domani il disciplinare ammettesse pure, oltre ai legni diversi, anche l’uso di botti già adoperate, come è consuetudine per il grosso degli spiriti da invecchiamento escluso il Bourbon, non sarebbe un male, ma solo come strumento per avvicinare il consumatore giovane ad un prodotto (giovane) con maggiore attitudine alla miscelazione perché ingentilito e limato negli spigoli non dal tempo ma dalla botte attiva.
Un cognac ex-Porto o ex-PX sherry, o ex-marsala, avrebbe un profilo aromatico incredibilmente adatto all’uso nei cocktail, o perfino sorprendente se bevuto tal quale, in giovane età, tra 5 e 10-12 anni.
Siccome il consumatore giovane ha il “dente dolce”, come dicono in America, offrirgli un cognac VSOP anche zuccherato non basta più, tanto è abituato a rum sciroppati e a beveroni di ogni sorta. La strada è, temo, segnata.
Se ne capisce qualcosa, prima o poi si farà sedurre dal cognac serio, e piegherà il ginocchio davanti a Sua Maestà il Re degli spiriti.
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