Chi l’ha conosciuto non se lo può dimenticare: monsieur Bernard Boutinet era senza dubbio un personaggio, nel piccolo mondo del cognac.
Dagli anni Settanta era alla guida del suo domaine familiare chiamato La Soloire, né troppo grande né abbastanza celebre, sito nella migliore zona dei Fins Bois, a ridosso delle Borderies in un minuscolo villaggio pochi chilometri a nord di Cognac. Trovarlo non era così facile, perché secondo una consolidata tradizione le proprietà viticole della Charente sono nascoste da alti e anonimi muri che le riparano da sguardi indiscreti. Una porticina dimessa era tutto quello che si poteva vedere dalla strada, e soltanto di recente sull’ingresso era comparsa una targhetta.
Entrando nella proprietà si veniva accolti da un uomo anziano, parlante un ottimo inglese, dalla voce roca e caratteristica. Se era indaffarato, vi lasciava in compagnia di sua moglie, un’affermata artista, con la quale si conversava piacevolmente, però solo in francese. Un angolo della casa, riparato da un secolare glicine era il rustico ombrello sotto il quale ci si accomodava in attesa di parlare con monsieur.
L’uomo era in apparenza burbero ma cordiale, tuttavia di poche parole: lasciava che il suo cognac parlasse per lui. Nelle sue bottiglie era racchiusa tutta la sottile eleganza del quarto cru del cognac, i Fins Bois: bastava un sorso o due per capire di aver a che fare con qualcosa di fuori dal comune.
Sebbene Boutinet non distillasse più in proprio i suoi vini, era capace di realizzare dei cognac di rara grazia, forte dell’esperienza di vinificazione, assemblaggio ed affinamento tramandatasi nella sua famiglia di padre in figlio da almeno 150 anni, e soprattutto con l’aiuto dei 27 ettari delle sue vigne, di magnifica qualità.
I suoi distillati sono tutta grazia, un’esplosione di profumi di fiori e di frutti, e sanno descrivere alla perfezione l’immagine del terroir d’origine. In cui non va cercato né grande complessità, né grande invecchiamento, ma la bellezza della gioventù, che ha poco da dire ma molto da mostrare. Quindi tutto un altro cognac rispetto alla classica idea di un distillato profondo e magari complicato da capire. Quelli di Boutinet sono comprensibili a chiunque, e nondimeno rimangono di grande piacevolezza e distinzione in tutte le loro espressioni, dalla più giovane a quelle di oltre 20 anni.
A giugno di quest’anno mi ero ripromesso di tornare a visitarlo. Volevo assolutamente portare a casa un paio di bottiglie del cognac “segreto” della Casa. Già: perché monsieur Bernard ti faceva degustare la sua gamma partendo dal VSOP fino all’Extra, e ti poteva offrire perfino qualche bottiglia millesimata. Ed invece il suo cognac forse più affascinante, nella sua freschezza e giovanile semplicità non era citato nel listino che ti mostrava, né lui te ne faceva parola: perché troppo recente? Troppo economico? Non lo sapremo mai.
Di questo cognac VS mi ero innamorato quando sono andato a scoprire l’azienda, con un amico norvegese: forse gli saremo stati simpatici, o chissà. Alla fine della lunga degustazione è arrivato con un’ultima bottiglia e ce ne ha dato un assaggio, con noncuranza, come per dire “Sì, faccio anche questo, ma preferisco offrirvi gli altri”: il segreto era stato così rivelato. Ne sto bevendo ancora adesso mentre scrivo, grato e felice.
Stavolta avevo lasciato monsieur Boutinet con la promessa di tornare a trovarlo in un prossimo viaggio, perché faceva anche un Pineau bianco straordinariamente gustoso, assemblando Colombard ed Ugni Blanc de la propriéte. Ma è toccato a lui partire, e per il cammino più lungo. Me ne resterà il ricordo, che ho voluto condividere con voi lettori, e qualche bottiglia con cui brindare non più alla sua salute, ma per onorarne la memoria.
Le mie sincere condoglianze alla moglie Marie Claire.