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12
Gen
12

La cotognata

L’onore della prima ricetta spetta alla co-protagonista del blog, la cotognata.
Profumi di infanzia, golosità ancestrali, riscoperta della semplicità, ed il colore aranciato, così simile a quello del cognac maturo: ecco alcuni dei motivi del titolo di questo strambo blog “gastro-alcolico”.
Ormai ne conosco i segreti “di fabbrica“, e li condivido volentieri: la ricetta la traggo per sommi capi da uno dei più popolari ed amati ricettari del secolo scorso: “Altre ricette di Petronilla” edito da Sonzogno a Milano nel 1937.

“Vorreste fabbricare squisita cotognata, lì sul focolare della vostra cucina? La  cosa è presto fatta! Però, quale cotognata desiderate? Quella tenerella che… si mangerà spalmandola su larghe fette di pane? Quella ch’è soda… quella, insomma, che fa venire l’acquolina in bocca ad ognuno che la sbirci dentro le vetrine dei pasticceri? Ecco allora la facile e spiccia maniera di fabbricare entrambe.”

La cotognata pronta per la degustazione(cotogne a km 0, porcellana Richard Ginori)

La cotognata pronta per la degustazione
(cotogne a km 0, porcellana Richard Ginori)

Qui lascio Petronilla, e sintetizzo il metodo: prendete cotogne gialle e profumate, e mettetele in pentola coperte di acqua fredda, incoperchiate e portate a bollore. Quando la buccia sarà spaccata, e le cotogne un poco tenere, toglietele dall’acqua e pelatele, scartando i torsoli e le bucce (Vi scotterete! Usate i guanti. Ma non buttate nulla!).

Per la cotognata tenera: pesate la polpa pulita dai residui, passatela al passaverdure; intanto ricoprite i torsoli e le bucce con poca acqua e fate bollire dolcemente; quando comincerà a gelatinizzare e avrà preso un bel colore aranciato aggiungete il liquido filtrato e pesato al resto,  aggiungete lo zucchero in pari peso della miscela e bollite a fuoco dolce, fino a che la marmellata reggerà alla prova di densità col piattino, allora invasate in vasi sterilizzati e riponete la cotognata ben calda. Facile, no ?

Per la cotognata soda:  fate evaporare a fuoco dolcissimo, in pentola con fondo spesso, la polpa pulita e passata, come sopra, mai stancandovi di mescolare; in un’altra pentola ponete 2/3 del peso delle cotogne e del liquido dei residui (che avrete preparato nel frattempo) in zucchero e 1/3 del peso di acqua, facendo scaldare: appena bolle e diventa limpido spegnete: avrete fabbricato lo sciroppo necessario. Aggiungetelo alla polpa, unite il liquido derivato dalla bollitura dei torsoli e delle bucce con i residui della pulitura delle cotogne, quando saranno leggermente gelatinizzate, come sopra; questo darà colore e consistenza alla cotognata. Continuate a far bollire dolcemente e sempre mescolando la cotognata che si rassoderà man mano. Quando cadrà dal cucchiaio a pezzi densi nella pentola, spegnete il fuoco, stendetela sul piano di marmo (o sintetico) e lisciatela all’altezza desiderata. Tagliatela a pezzi rettangolari, e quando sarà quasi raffreddata, spolverizzatela di zucchero semolato. Inscatolatela in latta da biscotti alla quale avrete foderato la base con carta oleata, ricoprite  la superficie della cotognata di carta oleata ancora, e… nascondetela bene alla vista dei golosi!

Se si vuole cotognata più elegante: riempite di cotognata soda ancora calda le formine che preferite, e sformatele il giorno dopo. In alternativa al metodo precedente si possono pennellare le formine tolte dallo stampo con zucchero “a filo” cioè bollito con poca acqua finché fa il filo sollevandolo col cucchiaino; le otterrete glassate di zucchero cristallino come nelle migliori pasticcerie. Conservatela come detto.




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