Da qualche anno il brandy spagnolo sta vivendo delle trasformazioni inquietanti. Andiamo a vedere che succede.
Tutto nasce dalla crisi dei consumi: le vendite di brandy solera – la qualità più giovane ed economica – sono precipitate, ed i produttori sono corsi ai ripari. Come? Ma abbassando i costi di produzione, che domande!
Il brandy solera costituiva la maggior parte della produzione di distillato di vino di Jerez, più dell’ 80% del totale della denominazione, ed era la fonte principale delle entrate delle Bodegas, oltre allo sherry.
Ma come si fa ad abbassare i costi di produzione? Siccome il brandy jerezano è soggetto a denominazione di origine, quindi deve rispettare un disciplinare di produzione, l’unico modo è di uscire dal recinto di queste regole.
PRIMA DELLA CURA Brandy de Jerez solera ‘Veterano’ 36° – Bodegas Osborne – El Puerto de Santa Maria – dal sito http://www.markify.com
È esattamente quello che hanno fatto i produttori: dal 2009 le marche Veterano (Osborne) e Soberano (Gonzalez Byass) tra le grandi, e a seguire quasi tutte le altre, hanno abbandonato la denominazione Brandy de Jerez per due principali motivi.
Il primo è che così facendo possono abbassare la gradazione dei loro distillati fino a 30°; per il brandy invece deve essere di almeno 36°; il secondo, non meno importante è che possono impiegare alcool di origine diversa dal vino, melassa, patate, e cereali, soprattutto.
E quindi?
Quindi non possono più chiamarli brandy: è il prezzo da pagare alla riduzione dei costi. Difatti questi alcolici vengono denominati ‘bevande spiritose’ secondo i regolamenti EU.

DOPO LA CURA bevanda spiritosa ‘Veterano’ 33° – Bodegas Osborne – El Puerto de Santa Maria – dal sito aziendale
Ma il consumatore in tutto questo resta scottato: perché anche se non nota la scomparsa della parolina ‘brandy’ e la misteriosa scritta che la sostituisce, vede benissimo il marchio di fabbrica, immutato.
Il problema si pone anche a livello di distribuzione, perché sugli scaffali di enoteche e supermercati questi succedanei si trovano mescolati ai brandy autentici, senza distinzione di sorta, per di più con identico nome e packaging, come se niente fosse successo. Siamo al limite della frode, seppure formalmente è tutto in regola.
Così accade che il cliente ignaro, perché mica è tenuto a conoscere le sottigliezze del regolamento CE 110/2008, ricompra la ben nota bottiglia e trova che il suo (presunto) brandy è peggiore di prima, ma costa come prima. E finisce perciò a bere altro.
Potrebbe essere l’inizio della fine per il brandy spagnolo; non è improbabile che le bodegas comincino ad applicare la stessa filosofia per le loro qualità superiori solera reserva (almeno 1 anno) e solera gran reserva (almeno 3 anni) che sono ancora brandy, nell’illusione di tenere il mercato.

Pubblicità luminosa dell’una volta brandy ‘Soberano’ – Bodegas Gonzalez Byass – Jerez de la Frontera – CC license – author Xemenendura
In questo gioco al massacro danzano attori con interessi opposti: alla potente lobby spagnola dei produttori di brandy si oppone quella dei fabbricanti di alcool di vino e quella degli agricoltori, che già vedono come il fumo negli occhi l’eccedenza di vino che non finirà più negli alambicchi.
La questione ha investito anche il governo spagnolo e l’Unione Europea, perché le bodegas di Jerez, insieme alla catalana Torres, complici i produttori francesi di brandy (non cognac) invocavano la modifica dei regolamenti comunitari, per i quali solo i prodotti provenienti dalla distillazione di vino al 100% possono adoperare la parolina magica brandy.
L’idea era quella di abbassare la soglia del distillato di vino al 51% e la gradazione a 30°, per ottenere di nuovo la denominazione brandy. L’ente di tutela di Jerez ha fatto però orecchie da mercante.
La lobby italiana dei distillatori (Assodistil) rimane contraria a questo autolesionismo, ma solo perché sono le eccedenze di vino nostrane che fanno lavorare i suoi associati. Melasse, patate e cereali finiscono meno di frequente negli alambicchi italiani.

La sede del Consejo Regulador de Jerez – da http://www.vinetur.com
Chi trema è il Consejo Regulador del brandy di Jerez, che ha visto perdere, con l’uscita dei prodotti di fascia bassa, il 90% del fatturato degli associati e oltre l’80% della produzione in volume, e di conseguenza le sue entrate. Fino a quando resisteranno gli attuali standard di qualità per i distillati più invecchiati ?
I francesi non permetterebbero mai di confondere così le acque con i loro distillati pregiati, cognac ed armagnac prima di tutto. Gli jerezani invece sembrano ormai in preda alla follia.
E solo perché guardano unicamente ai fatturati e temono la strada della qualità: il brandy spagnolo può ben essere ottimo, ma se abbandona la tradizione virtuosa dietro consiglio dei laureati in economia, che sembrano aver dimenticato il vecchio aforisma ‘ante lucrum nomen’, farà una brutta fine: da ‘el brandy se mueve’ – celebre slogan pubblicitario degli anni ’90 – a ‘el brandy se muere’.
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