Posts Tagged ‘distillazione

22
Apr
12

La guerra del brandy

La Francia ha il primato per le migliori acquaviti di vino, e ne difende il nome con il ben noto spirito battagliero nazionale, ma inspiegabilmente vuole primeggiare anche nelle peggiori.

Dal qualche tempo la legislazione francese permette di ricavare brandy (quindi non cognac o armagnac, che sono AOC) dalle fecce o da altri sottoprodotti di vino. La pratica è conosciuta da secoli, se già nel 1600 nella Charente veniva permessa la distillazione di vini guasti o di fecce, purché non acetosi: se ne ricava ancora brandy, ma di qualità infima, destinata alla sete degli ubriaconi o dei mercati più poveri. Ovviamente questi prodotti hanno costo modesto, data la loro qualità scadente.

Spagnoli, e soprattutto italiani, riuniti nella CEDIVI (confederazione europea distillatori vinicoli) hanno vivacemente protestato denunciando alla Commissione Europea la pratica, in frode dei prodotti portanti il nome di brandy, ma distillati da vino, e di qualità e prezzo superiore. Concorrenza sleale insomma.

Cantina di invecchiamento di brandy di Jerez
(ditta Osborne).

A marzo 2012 la Commissione Europea ha notificato alla Francia l’ordine di adeguarsi entro due mesi alle normative Comunitarie (che stabiliscono di ricavare brandy solo dalla distillazione di vino) pena l’apertura di una procedura di infrazione presso la Corte di Giustizia a Lussemburgo.

In gioco ci sono le ricche esportazioni italiane di brandy verso i mercati europei (anche extra-UE), con una produzione di circa 60 milioni di bottiglie di discreta/buona qualità, contro 35 milioni di bottiglie francesi di livello medio/basso. I consumatori sono portati ad attribuire qualità al brandy francese per la sua provenienza, ed anche il fattore prezzo ha il suo ruolo in un mercato con molti giocatori. Tuttavia non si tratta di distillati di pregio, men che meno se prodotti da scarti di lavorazione del vino.

Per ora i produttori di distillato di vino possono tirare un sospiro di sollievo, ma la guerra commerciale non è ancora terminata. La supremazia europea nel brandy di qualità alta è indiscutibilmente e meritatamente francese, quella del brandy low cost per ora è ancora in mani italiane e spagnole.

Fino a quando?

10
Feb
12

Cognac – la distillazione (3° parte) – la bonne chauffe

Una volta ottenuto sufficiente brouillis, si può procedere alla seconda distillazione: la sua durata è in genere più lunga della prima (circa 12 14 ore); nel caso si sia usato l’alambicco grande, si impiega ora quello da 30 hl. Nulla vieta di usare ancora l’alambicco da 130 hl, ma in questo caso il disciplinare permette di chiamare il distillato ottenuto semplicemente cognac, anche se è prodotto da un singolo cru poiché la seconda distillazione negli alambicchi grandi fa perdere qualità al cognac. Quindi è pratica farlo solo per spiriti di mediocre origine.

La tecnica di distillazione è analoga a quella del brouillis, anche qui avremo “teste” e “code”, che verranno ridistillate con un altro brouillis, e un “cuore” che stavolta potrà chiamarsi finalmente cognac, benché sia ancora uno spirito bruciante, più simile alla nostra grappa.

Il cognac appena nato esce dall’alambicco – © BNIC / Roger Cantagrel

La gradazione finale media è compresa tra 63° e 72°, più bassa per i distillati delle Champagnes, e più alta per quelli dei Bois. Il profumo è alquanto intenso, e può ricordare le acquaviti di frutta, tuttavia è di gusto violento e ancora imbevibile al naturale. Se la gradazione supera 72°, lo spirito conterrà meno congeneri aromatici e perderà il diritto all’appellation cognac, diventando semplice eau de vie.

La prima frazione, le “teste”, conta per lo 0,5 –  2% del totale, dopodiché comincia a fluire il “cuore” a 78°; l’abilità è nel decidere a che punto tagliare il distillato quando il tenore alcolico scende sotto i 60°: da una parte le “code” o secondes contengono sostanze sgradevoli, dall’altra arricchiscono il cognac dei componenti aromatici più interessanti. La mano del distillatore è fondamentale nel decidere quando interrompere il flusso e cosa ottenere: anche un mezzo grado qui può fare la differenza. Più alto è il tenore alcolico finale, meno rischioso è il risultato, ma meno aromatico il nuovo cognac.

Si tratta quindi di uno dei passaggi importanti che definiscono lo stile di un produttore: la scelta di distillare fino a quale grado, con o senza le fecce, e come reimpiegare teste e code, se nel vino o nel brouillis, producono risultati molto diversi: cognac più neutri e secchi, cognac grassi e ricchi di aromi; l’esperienza del distillatore in base alla qualità della materia prima, all’annata, alle modalità di invecchiamento successive,  e allo stile aziendale, è una componente decisiva per la nascita del futuro cognac.

© 2012 il farmacista goloso (riproduzione riservata)

31
Gen
12

Cognac – la distillazione (2° parte) – la première chauffe – il brouillis

La distillazione del cognac comincia presto, non appena il vino ha svolto le due fermentazioni, il che avviene circa dopo 6 settimane dalla vendemmia, solitamente tra la seconda metà di novembre ed i primi giorni di dicembre. Dopodiché non si smetterà più di distillare tutti i giorni, giorno e notte senza pausa. Vicino agli alambicchi spesso si trova un letto di fortuna, in cui il distillatore può riposarsi quando un altro veglia sull’operazione.

La distillazione del cognac, diversamente da altri spiriti avviene in due fasi o “cotte”: la prima prende il nome di première chauffe, la seconda di bonne chauffe. Entrambe sono importanti per la riuscita di un buon prodotto.

La prima distillazione avviene in un tempo di circa 8 ore, a volte negli alambicchi più grandi: si comincia caricando il vino nella caldaia, con parte delle sue fecce (destillation sur lie), o senza: queste fecce, specialmente quelle dei lieviti, sono importanti per dare complessità al distillato; la pratica è più usata nelle Champagnes dove i cognac hanno il tempo di maturare lentamente i loro aromi in botte.

Il vino viene poi scaldato adagio fino a 78°C, in circa 2 ore, temperatura alla quale l’alcool evapora liberandosi dal liquido sottostante.

Nella prima frazione (0,5-1,5% del distillato) si ottengono le cosiddette “teste”, parti torbide che vengono scartate, poiché contengono impurità e sostanze volatili di odore sgradito, oltre ad essere a circa 50-55° di alcool: esse verranno reimmesse nella caldaia con una seconda carica di vino.

Alambicco charentais © BNIC / Bernard Verrax

La seconda frazione (40% circa) è quella che si conserva ed emerge limpida dall’alambicco ad un tenore medio di 27-32° di alcool: il “cuore” della prima distillazione, che viene chiamato brouillis. Non è ancora cognac e il suo aroma è più nell’aria del laboratorio che nel liquido, quasi insapore.

La terza frazione (un altro 40% circa) è costituita dalle “code”, e viene separata quando dall’alambicco il grado alcolico scende sotto 5°; il sapore è sgradevole, e verrà ridistillata.

Il liquido che rimane nella caldaia verrà scartato come refluo.

Questa prima distillazione è cruciale perché è in essa che avvengono tutte quelle reazioni chimiche tra vino e rame, in cui si sviluppano gli aromi primari del cognac. Gli esperti affermano che quasi due terzi del carattere del cognac si creano in questa prima fase, e che la seconda distillazione non fa altro che concentrare pregi o difetti della prima.

Per inciso, usando alambicchi di acciaio o vetro, il distillato ha carattere inferiore rispetto a quello prodotto nel rame: questo metallo, oltre alla funzione di catalizzatore, reagisce con i composti solforati e con gli acidi grassi contenuti nel vino trasformandoli nel processo di distillazione. Il vapore a contatto col rame quindi perde sapori sgradevoli e si arricchisce di principi aromatici nuovi. Perciò l’obbligo tassativo di impiegare alambicchi di rame.

Dopo tre premières chauffes, si ottiene sufficiente brouillis per caricare di nuovo l’alambicco, stavolta per la bonne chauffe.

© il farmacista goloso 2012 (riproduzione riservata)

27
Gen
12

Cognac – la distillazione (1° parte) – l’alambicco

Per fare cognac, dopo il vino, serve un alambicco [dall’arabo al’ambiq = vaso per distillare]; questo apparecchio è disciplinato dai regolamenti, e deve essere costruito secondo le forme tradizionali in uso da secoli.

Schema dell’alambicco charentais © BNIC

L’alambicco charentais è un tipo di alambicco discontinuo, apparecchio che si usa anche per ricavare molti altri spiriti di pregio (per esempio, armagnac, malt whisky, certi rhum; pot still, lo chiamano gli inglesi). Il distillatore a colonna, o alambicco continuo è vietato, benché fosse permesso usarlo fino agli anni ’80 del secolo scorso per i cognac prodotti sulle isole di Oléron e Ré, di minor pregio.

Il perché si comprende dal funzionamento: il tipo a colonna rettifica l’alcool, cioè lo separa da ogni altro elemento compresente, cosicché il distillato ottenuto è molto alcolico, pressoché privo di aroma, quale che sia la sostanza di partenza, patata, melasse, grano, vino…; se è fatto lavorare opportunamente, se ne ricava l’alcol etilico a 96° il cui piacevole sapore ardente è ben noto a chi prepara liquori.

A sinistra la caldaia con il capitello ed il collo di cigno, in centro sul pilastro il riscaldatore del vino, a destra la serpentina nascosta dal tino ed il barile di racccolta del distillato. © BNIC / Gérard Martron

L’apparecchio per distillare il cognac viene costruito con una struttura portante di mattoni e con lamiere di rame elettrolitico (quindi puro) tenute insieme da chiodi dello stesso metallo o da flange avvitate. Nessun altro metallo deve entrare a contatto con i vapori acidi del vino. Vedremo come si compiono alcune reazioni chimiche utili, solo grazie al rame .

L’alambicco si compone di una caldaia o cucurbita, a forma di cipolla privata della parte superiore, sospesa sopra una fornace; il combustibile è ormai soltanto il gas naturale, benché qualche distillatore ultra-conservatore continui ad usare il carbone; questi, oltre alla legna, sono le uniche fonti di calore permesse dalla legge, che prescrive il fuoco a contatto diretto con la caldaia: il vino deve essere “cotto” per sviluppare i suoi aromi. La sua capacità, anch’essa disciplinata, è di 30 hl, di cui il carico utile è 25 hl; solo per la prima distillazione è permesso usare alambicchi da 130 hl; in realtà, lo usano solo i distillatori di professione, e le grandi aziende che distillano in proprio. I piccoli produttori utilizzano il loro alambicco standard per tutti i passaggi.

Sopra la caldaia si trova il capitello (chapiteau), a forma di pera o cipolla, di solito grande più o meno un decimo della caldaia; viene avvitato con una flangia al corpo dell’alambicco, ed è la parte più importante dell’apparecchio: è qui che i vapori alzati dalla fiamma si raccolgono, mentre si avviano alla serpentina; il pezzo permette la ricaduta dei componenti meno volatili e della schiuma sopra il vino: un capitello troppo grande raccoglie troppi vapori alla volta e riduce la qualità del distillato. Capitelli più larghi vengono impiegati nei Bois per ridurre il goût de terroir dei cognac di queste zone, sgradita caratteristica.

Dal capitello si diparte il collo di cigno, un tubo saldato alla parte alta di questo, che con la sua forma arcuata permette il flusso regolare del liquido verso il condensatore; anche la sua altezza e curvatura determinano le caratteristiche del distillato, più alto è, più neutro è lo spirito prodotto. Una volta questo era solo un tubo inclinato (tête de maure) ed evidenziava le differenze di “mano” tra i vari produttori.

Infine il collo di cigno si prolunga nella serpentina, che condensa i vapori in liquido di nuovo: questa è fatta di una serie di spirali di tubo di rame contenute in un grosso tino in cui scorre acqua fredda, al cui termine si trova un barile (bassiot) che raccoglie il distillato.

Spesso tra il collo di cigno e la serpentina viene sospeso su di un pilastro un “pentolone” ellissoidale, lo chauffe-vin. Questo contiene il vino da distillare, e si usa per recuperare parte del calore dell’alambicco trasmesso dal tubo in cui passa il futuro cognac. C’è chi lo adopera convinto e chi lo odia; il beneficio è economico, il rischio è nel saperlo maneggiare; scaldato troppo, il vino si ossida e cala di qualità. La scelta rimane al distillatore. Non è parte obbligatoria dell’apparecchio.

Di per sé l’alambicco è un apparecchio apparentemente facile da usare; la tecnica della distillazione invece è frutto di esperienze secolari, che i vignaioli della Charente tramandano gelosamente di padre in figlio, ed è parte essenziale della buona riuscita del cognac.
© il farmacista goloso 2012 (riproduzione riservata)

27
Dic
11

A proposito di distillazione

Veduta di Bassano del Grappa

Se avete occasione di passare da, o di visitare Bassano del Grappa, ed il suo celebre ponte vecchio, e avete qualche curiosità sull’arte della distillazione, consiglio di fare una sosta al museo della grappa dell’azienda Poli:

http://www.poligrappa.com/geografia.html

Per quanto abbia poco a che fare con il cognac, nel museo troverete un’esauriente e documentata storia della distillazione, una raccolta di pregiati codici su questa studiatissima arte, nonchè una mostra di alambicchi dai più primitivi, le storte, ai medievali fornelli dalle forme alchemicamente bizzarre, di diretta derivazione araba, fino agli apparecchi artigianali “moderni” ormai completamente in rame. Il tutto in un breve percorso presentato con rigore didattico ed al contempo grande semplicità  e comprensibile a tutti. Al museo è annessa una stanza di degustazione e vendita, ma non sarete obbligati ad acquistare a meno che oltre al cognac vi piaccia anche la grappa. E ad onor del vero i Poli sono tra i grappaioli che con il loro lavoro e la loro passione hanno saputo portare la grappa nel novero dei distillati di pregio, togliendole quell’alone di maleodorante bevanda popolaresca da alpino “ciucco” , e facendola conoscere ed apprezzare anche oltralpe.

Dimenticavo, la ditta Poli produce anche due brandy italiani, uno di tre anni, ed uno invecchiato dieci anni, che ha il poco fortunato dannunziano nome di arzente: il nome era obbligatorio per i brandy durante il fascismo.




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