Il brandy spagnolo contende all’armagnac la palma di distillato più antico d’Europa, benché non ci siano fonti certe di datazione. Nel tardo medioevo di Arnaldo di Villanova e di Alfonso il Savio se ne produceva di certo, ma non in grande scala. Di sicuro c’è che i guasconi impararono la tecnica distillatoria dai traffici di merci e persone attraverso i vicini Pirenei.
Tralasciando le origini nebulose, oggi il brandy spagnolo ha due principali aree di produzione entrambe a denominazione di origine, il catalano Penedés con metodi vicini a quelli francesi, e l’area di Jerez de la Frontera, dove l’uso era già secolare come rinforzo dello sherry. Quindi non si può propriamente parlare di brandy spagnolo, ma di brandy di Jerez o del Penedés.
Tal quale non è un prodotto antico, in verità: la produzione per bevanda iniziò negli anni in cui la fillossera devastava le viti di Cognac (1875-1895 circa), e di conseguenza si aprivano vasti mercati a brandy di altre origini, compresi gli italiani; mentre sotto il nome di Holandas ne venivano già esportate quantità considerevoli dal tempo del possesso spagnolo dei Paesi Bassi, per il consumo olandese ed in parte inglese. Si trattava però di spirito non invecchiato, quindi acquavite ma non ancora brandy in senso moderno. Talvolta queste acquaviti venivano chiamate vino quemado, l’equivalente dell’olandese brandewijn.
Ci sono profonde differenze tra i brandy spagnoli e quelli prodotti altrove, in primo luogo per la varietà dei metodi di invecchiamento, e per i vitigni utilizzati.
I vitigni adoperati sono prevalentemente Airén, il quale è diffusissimo in tutto il Sud della Spagna e produce un vino anonimo e moderatamente acido adatto alla distillazione, e raramente Palomino, talvolta Ugni Blanc nel Penedés. I distillatori di Jerez si forniscono abbondantemente di Airén dalla città di Tomelloso nella Mancha dove viene estensivamente coltivato: il Palomino viene usato per lo sherry ed è insufficiente alla produzione di tutto il brandy della zona.
La distillazione avviene sia con alambicchi a colonna (prevalentemente nel Penedés), sia con quelli discontinui alla francese (alquitaras), più spesso alimentati a fuoco diretto. A Jerez sono preferiti questi ultimi, a ripasso, e per le qualità più invecchiate (solera gran reserva) soltanto questi. Non c’è un disciplinare che regola il metodo. Vengono invece regolati i tipi di acquavite prodotti, classificati in:
- Holandas o holanda de vino: acquaviti distillate al max. a 70°
- Aguardiente de vino: distillato tra 70° e 86°
- Destilado de vino: a gradazione tra 86° e 95°
L’invecchiamento segue il sistema della solera tipico del prodotto spagnolo, e avviene in grandi ed alti capannoni ben ventilati nei quali giacciono cataste di botti impilate; nel Penedés si usano botti di rovere francese, mentre nella zona di Jerez l’invecchiamento prende gli usi vinicoli locali, quindi:
- Metodo Solera
- Botti di rovere americano degli Appalachi di capacità 500 litri
- Le botti devono aver contenuto vino di Jerez (fino) per 3 anni.
Tra le categorie di invecchiamento a Jerez si distinguono le seguenti:
- Brandy Solera = minimo sei mesi (normalmente un anno), deve contenere almeno 50% di brandy Holandas
- Brandy Solera Reserva = minimo un anno (normalmente due anni), deve contenere almeno 75% di brandy Holandas
- Brandy Solera Gran Reserva = minimo 3 anni (normalmente otto anni o più), deve contenere il 100% di brandy Holandas
Risulta difficile datare un brandy invecchiato col metodo solera, perché ciò dipende da molti fattori, tra cui il tempo di svuotamento, il numero delle botti della solera, e la continua mescolanza tra le varie botti. Si avrà perciò un invecchiamento approssimato invece di uno databile con precisione.
Spesso per le riserve pregiate è usato un metodo, ripreso anche nel mondo del whisky da cui prende il nome (finishing) che consiste nel far trascorrere al distillato gli ultimi anni di invecchiamento in botti cha hanno contenuto vini particolari, così da prenderne gli aromi. Per cui esistono distillati che hanno trascorso un periodo in botti di sherry Amontillado, Oloroso o Pedro Ximenez, che assumono un sapore distinto. Va ricordato che le botti usate di sherry sono ambitissime tra gli affinatori di spiriti in giro per il mondo appunto per queste caratteristiche.
Il prodotto finale viene diluito generalmente tra 36° e 41°, additivato con i soliti caramello e sciroppo di zucchero, e soddisfa ampiamente la fascia bassa di mercato con le sue grandi quantità, ed è quindi comparabile alle produzioni italiane di massa; invece le qualità solera gran reserva sono un buon ingresso nel mondo del brandy spagnolo pregiato.
© 2014 il farmacista goloso (riproduzione riservata)
0 Risposte to “il brandy spagnolo”