08
Mar
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Le donne che contano a Cognac

Il cognac è sempre stato un mondo declinato al maschile, come tutti i lavori agricoli e della distillazione. Ma non è più tempo di distinzioni di genere: se gli uomini sono in grado di cambiare il pannolino ed accudire i pargoli in congedo di paternità, le donne possono ben adempiere ai compiti di vigna e di cantina, fino ad assurgere perfino al rango di maîtresse de chai, il più nobile della filiera alcolica.

Eccole quindi protagoniste nei ruoli più diversi, non meno abili dei loro colleghi. Questa carrellata vi dimostrerà quanto il cognac sia ormai affare di donne quanto di uomini, e non dovrete sorprendervi se visitando una Maison sarete accolti e guidati da una signora, o vi verrà detto che della distillazione si occupa madame.

È rispettoso cominciare con la decana, Annie Ragnaud-Sabourin, erede di una delle più blasonate ed onorate Maison dell’intera regione. Ormai nei suoi ottanta, la signora, già docente universitaria a Parigi, continua l’opera di suo padre Marcel Ragnaud – uno dei più insigni distillatori che il territorio ricordi – e dirige senza deviare dalla tradizione la sua piccola e gloriosa Casa. Lei e la figlia Patricia sono le custodi di un patrimonio liquido che risale al nonno (e bisnonno) Gaston Briand, uno dei creatori della denominazione d’origine (AOC) cognac, nel 1936.

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Annie Ragnaud – Sabourin

Il ruolo di maître de chai o cellar master, è sempre stato prerogativa maschile, e nelle grandi Maison perfino ereditario. Che non sia un lavoro facile è fuori questione, ma c’è spazio anche per le donne: Pierrette Trichet ha ricoperto l’impegnativa posizione dal 2003 al 2014 presso Rémy Martin, una delle quattro grandi Case, prima donna in assoluto ad approdare all’ambìto incarico. Dietro di sé ha lasciato una fama di rispettabilità ed autorevolezza, ed ancora oggi le sue opinioni sono altamente ascoltate nel mondo dell’acquavite francese. Entrata nei laboratori di ricerca della Maison come ricercatrice biochimica, mai si sarebbe aspettata di vedersi aprire le porte del sancta sanctorum, il comité de dégustation, tempio esclusivo dei sacerdoti del cognac. Dapprima tollerata a naso all’insù, grazie alla sua formidabile capacità d’analisi sensoriale e ad una brillante memoria olfattiva, ha saputo primeggiare tra i colleghi e succedere a Georges Clot, il precedente maestro di cantina di Rémy.

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Pierrette Trichet

 

 

Onorata casa di media dimensione, la Antoine Hardy è una Maison de négoce famosa da molto tempo, specialmente nel mondo anglossassone ed asiatico. Oggi la dirige Bénédicte Hardy, che con la sorella Sophie costituisce  l’anima dell’azienda. Terminati gli studi di legge, preferì viaggiare come brand ambassador in USA piuttosto che esercitare l’avvocatura. L’impronta femminile si vede tutta nello stile della Casa, dove è posta grande attenzione al confezionamento. Etichette d’artista e caraffe di Lalique e Daum segnano le proposte eleganti della Maison Hardy, mentre lo stile del cognac tende verso la grazia e la raffinatezza, caratteri molto apprezzati dalla clientela femminile, che beve poco ma vuole bere bene.

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Bénedicte Hardy

Non mancano le giovani donne: tra le prime ad occuparsi dello sviluppo di una Maison di dimensioni importanti (220 ha), Elodie Abécassis, entrata in azienda a soli 23 anni, da dieci porta in dote la sua energia e la sua visione per svecchiare l’immagine del distillato. Probabilmente ABK6 è oggi la Casa con la connotazione più young & urban del panorama cognac, fatto da giovani per un consumatore giovane: la mixology è messa in prima linea nelle loro creazioni, anche con un originale liquore miele e cognac.

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Elodie Abecassis con il padre Francis

Un’altra giovane donna è Amy Pasquet dell’omonima Maison familiare della Grande Champagne. Catapultata in questo mondo dopo aver conosciuto e sposato Jean, tra i rari produttori di cognac biologico, si è buttata anima e corpo nella gestione dell’azienda e nella comunicazione del prodotto. La sua visione americana, concreta e pratica, l’ha portata a concepire quanto sia importante, per i piccoli produttori come loro, la visibilità sui social media ed i legami con gli altri; il suo lato speciale consiste nel dare voce a piccoli distillatori, formando una rete di vignaioli artigiani finora sconosciuti al pubblico, ma creatori di prodotti di alta qualità.

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Amy Pasquet

 

 

E le giovani donne si stanno ritagliando ruoli impensabili solo un paio di decenni fa a Cognac: come si fa a far nascere un marchio prima inesistente? La famiglia Bertrand è distillatrice da almeno un paio di secoli sulla propria tenuta: ma come molte altre, vendeva alle grandi Maison la propria acquavite. Thérese Bertrand, entrata in azienda da una decina d’anni, ha costruito il marchio e la sua immagine, grazie ad una brillante comunicativa ed a un talento per le lingue: tutto quello che succede dopo che il cognac è stato tolto dalla botte, lo decide lei: la bottiglia, l’immagine, il marketing, la comunicazione, la vendita, le visite all’azienda.  Va da sé che dietro il marchio c’è un solido cognac Petite Champagne.

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Thérese Bertrand

 

Una storia simile la sta scrivendo Fanny Fougerat: un’altra giovane che dal 2013 ha preso in mano il proprio domaine arrivato alla quarta generazione – prima vendevano le botti alle grandi aziende – e vi ha dato coraggiosamente il proprio nome. Una donna che firma dei “cognac d’autore” non si era mai vista: i crus delle Borderies e dei Fins Bois sono abilmente messi in luce da Fanny con l’obiettivo di far risaltare finezza, precisione, freschezza e purezza delle sue acquaviti. I suoi trenta ettari situati in una felicissimo terroir facilitano il compito.

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Fanny Fougerat

 

Il cognac è un alcolico per vecchi? Chi lo dice non conosce la realtà odierna: Maelys Bourgoin assieme al fratello Fréderic, eredi di un vasto domaine nei Fins Bois che prima forniva il conosciuto marchio Léopold Gourmel, ora firmano una gamma col proprio nome. I cognac Bourgoin sono pensati per la miscelazione: uno spirit giovanissimo ad oltre 60°, e un XO di 22 anni con finishing in micro-barrique di dieci litri a tostatura crocodile; ed ecco dei cognac contemporanei per mandare in soffitta l’immagine di poltrone di cuoio e caminetti accanto a cui sorseggiarli. Questi sono cognac pop, fatti da giovani produttori per bevitori giovani.

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Maelys Bourgoin

Ma qualcosa si muove anche tra i dinosauri: la venerata Maison Hennessy, tra le più antiche, e forse la più conservatrice delle Grandi, ha ammesso per la seconda volta in 250 anni una donna nel suo augusto comité de dégustation: Mathilde Boisseau. Il rito degli assaggi chez Hennessy si ripete quotidianamente, uguale da secoli: si celebra alle 11 e 15 precise, nel Grand Bureau affacciato sulle rive della Charente, officiato dal suo cantiniere capo, attualmente Renaud Fillioux de Gironde. E solo una volta trascorsi dieci anni di pratica in monastico silenzio – necessari per strutturare la propria memoria olfattiva, ci raccontano – ai partecipanti viene concesso il diritto di parola. Tre anni scarsi sono trascorsi per Mathilde, che nel resto del tempo, come agronoma, si occupa della gestione dei vigneti di proprietà Hennessy, 180 ettari, ma un bel giorno lei potrà decidere insieme agli altri sei membri le sorti dei cognac della Casa, e chissà, magari spezzare l’ininterrotta e secolare successione dinastica dei suoi maître de chai, i Fillioux, i cui ritratti incombono dalle pareti di questo santuario.

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Mathilde Boisseau tra i membri del Comité di Hennessy – da http://www.codigounico.com

© 2019 il farmacista goloso (riproduzione riservata)


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