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L’acquit jaune d’or – la garanzia francese verso il consumatore di cognac

I collezionisti di vecchie bottiglie di cognac, specialmente risalenti al periodo tra il 1950 ed il 1980, avranno letto più volte sulle etichette del distillato la misteriosa scritta Acquit jaune d’or.

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Etichetta Courvoisier

Di cosa di trattava? Il termine si può tradurre come quietanza o bolletta: era in pratica un documento che faceva parte del sistema fiscale connesso alla disciplina delle AOC (Denominazione d’Origine) francesi.

#acquit10

Etichetta per il mercato statunitense

Già dai primi anni del ventesimo secolo i cugini transalpini si erano posti il problema della tutela delle loro produzioni vinicole, oggetto di numerose leggi susseguitesi negli anni. Per il cognac le più importanti furono quella della delimitazione della regione viticola (1 maggio 1909) e quella della concessione della AOC al distillato (15 maggio 1936).

Nel frattempo il fisco francese, non meno occhiuto di quello italiano, otteneva con la legge del 4 agosto 1929 l’istituzione dei titoli di movimento (acquit) dei prodotti vinicoli soggetti ad accise, differenziati nel colore secondo la loro qualità. Per il cognac e l’armagnac l’acquit venne stampato nel color zafferano, ovvero jaune d’or.

002

L’acquit-à-caution régional Cognac (jaune d’or)

 

L’acquit jaune d’or era quindi insieme uno strumento di certificazione di origine e di pagamento delle accise, poiché la legge stabiliva il divieto di movimentazione dei prodotti ad esso soggetti quando non accompagnati dalla relativa quietanza fiscale.

Il titolo di trasporto giallo oro garantiva non solo la provenienza dell’acquavite dalla regione delimitata Cognac, ma ne indicava altresì il cru, quando presente, certificato dallo Stato o dal produttore sotto la sua responsabilità: un autentico certificat de substance et d’origine de région délimitée. Era inoltre obbligatorio indicare il percorso, il mezzo di trasporto, ed il tempo necessario. Veniva specificato infine il tipo dei contenitori, il grado alcolico ed il volume complessivo, la natura delle materie prime, oltre al luogo di origine del cognac: una carta di identità completa di ogni spedizione, insomma.

#acquit6

Etichetta Martell

Il documento veniva rilasciato dalla dogana e seguiva la merce anche durante l’esportazione: il certificato ufficiale dell’amministrazione francese entrava quindi in possesso dell’importatore estero, che poteva così avere la garanzia statale sulla merce acquistata: una tranquillità in più contro le frodi.

Cosa mancava nell’acquit? La dichiarazione dell’invecchiamento del cognac. Con la legge del 20 febbraio del 1946 questa veniva – e tuttora viene – garantita dall’amministrazione fiscale e dal BNIC, un tempo fino a cinque anni, e dal 2018 fino a dieci. Un apposito documento complementare al prezioso foglietto giallo, chiamato Certificat d’Age ne testimoniava l’età davanti ai terzi, sebbene per una durata limitata: un ulteriore strumento a protezione del consumatore straniero.

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Il Certificat d’age collegato all’Acquit jaune d’or

Va da sé che questi certificati erano altamente apprezzati e richiesti, se non pretesi dagli importatori, e le Case ne menavano vanto sulle loro etichette, facendone uno strumento di marketing tanto credibile quanto efficace.

Ora, con la dematerializzazione delle dichiarazioni doganali e l’armonizzazione delle procedure all’interno dell’Unione Europea, il documento è definitivamente scomparso.

Testimoniarne l’esistenza fa comprendere quanto l’alleanza così francese tra i produttori, la legislazione, e l’amministrazione fiscale abbia prodotto nei decenni un sistema di regole volte alla tutela dell’origine dei prodotti vinicoli ed alla garanzia verso il cliente intermedio o finale, dovunque si trovi. Il distillato ed il vino francese di qualità sono quindi protetti e sostenuti dallo Stato: è suo interesse promuoverne la diffusione in quanto questi beni rappresentano una voce non marginale nell’economia nazionale, e nell’immagine della nazione.

© 2019 il farmacista goloso (riproduzione riservata)


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