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200 milioni – il mondo beve sempre più cognac

È notizia dell’altro giorno: all’ultima rilevazione mensile del BNIC il cognac ha superato la quota psicologica dei 200 milioni di bottiglie/anno vendute dai suoi produttori. Non era mai successo, e l’incremento rispetto all’anno scorso sui già rispettabilissimi milioni e milioni di bottiglie equivalenti usciti dai magazzini si attesta ad oltre il 10%. Che sia l’inizio di un trend, e di una nuova brandy craze?

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Le barricaie sono sempre più piene di botti nuove per l’aumento della domanda di cognac giovani

Da aprile 2017 a marzo 2018 il giro d’affari del distillato delle due Charentes si è innalzato vertiginosamente, dai € 2,5 miliardi a € 3,16 miliardi, niente male per il governo francese, affamato di entrate quanto il cugino italiano.

La crisi globale è alle spalle, se tutte le aree sono positive: il mercato nord-americano fa segnare un +9,7% di import con 88,4 milioni di bottiglie, e quello dorato estremo – orientale un +14,9% con 57,6 milioni di bottiglie. L’Europa ne ha svuotato 41,7 milioni, per un rialzo contenuto (+4,5%) ma in decisa salita sull’anno precedente. Altri mercati, compresa l’Africa, segnano un rialzo a due cifre assai goloso (+14,4%) pur nell’esiguità delle importazioni, 13,3 milioni di bottiglie equivalenti.

Le notizie dai produttori sono incoraggianti: qualcuno, intervistato ieri da me, mi ha riferito un aumento del fatturato in linea con le cifre del BNIC, e uno addirittura del 45%, caso forse unico, ma tutti indicano la tendenza verso il crescente interesse per l’acquavite di vino francese.

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Raccolta meccanizzata nel cru Bons Bois

Per quel che riguarda le qualità imbottigliate, la musica non cambia granché rispetto al passato: oltre la metà dell’export (100,8 milioni di b.eq.) è di invecchiamento VS (2 anni) in rialzo del 7,4%; 77,4 milioni sono di invecchiamento VSOP (4 anni – 77,4 milioni di b.eq., in crescita del 13,2%), e 22,6 milioni di bottiglie in invecchiamenti superiori con un importante rialzo percentuale del 13,6%.

La parte del leone quindi rimane al cognac giovane o giovanissimo, usato dalla mixology, con gli USA primo mercato al mondo per consumo di cognac. Lo stesso si può dire di Hennessy, lo storico marchio della multinazionale LVMH, che assorbe da solo la produzione di metà dei 75.000 ettari sotto la denominazione AOC Cognac, anche grazie ai suoi nuovi impianti, capaci di decine di migliaia di bottiglie/ora.

Il pericolo, come evidenziava un produttore tradizionalista, è che la grande industria schiacci sotto il suo piede pesante l’arte manifatturiera dei piccoli artigiani, i quali lavorano da secoli con lo sguardo rivolto ai figli ed ai nipoti e non al piano quinquennale redatto negli uffici finanziari delle multinazionali.

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Un chai d’invecchiamento tradizionale

Perché il cognac è slow per definizione come gli abitanti della regione bagnata dal placido fiume Charente; gli appassionati del distillato francese per fortuna sanno ancora dove andare a cercarsi le emozioni in bottiglia: nelle umide e scure cantine in cui il silenzio ed il tempo sono i soli custodi, assieme alle ragnatele.

© 2018 il farmacista goloso (riproduzione riservata)


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