09
Set
12

Cinquanta sfumature di… aroma – ovvero il Centerbe

Tra le varie passioni del farmacista goloso compare la liquoreria, nobile arte coltivata già dal medioevo in appartati conventi dai frati erboristi, e nei retrobottega delle spezierie o apoteche che dir si voglia dai colleghi d’un tempo.

Bicchiere di centerbe casalingo

E se ancora oggi il più celebre ed il più imitato liquore, la Chartreuse, non conosce rivali, perché… perché… la composizione – è il caso di dirlo – è certosina, con ben 130 tra erbe, estratti, alcolati e distillati dosati con sapienza divina, nondimeno mi ci sono provato a farne la mia versione, più modesta e terragna, però con discreto successo di critica e pubblico.

Mi piace chiamarlo con l’italico nome di centerbe, come nell’uso popolare abruzzese e d’altrove si definisce questo tipo di liquore; nella sua composizione, quanto mai personale, ogni liquorista ci mette la sua impronta o il suo estro. Si passa quindi dalle semplici ricette popolari, per citare ancora la ben nota Petronilla, che lo chiama liquore delle 13 erbe, fino a composizioni elaborate in cui entrano oltre alle erbe, droghe orientali, fiori, radici, scorze, eccetera.

Il piccolo segreto del centerbe è la mano prudente, mai eccedere con un ingrediente che potrebbe prevalere sulla miscela aromatica. La fabbricazione è molto semplice, alla portata di chiunque: si parte da un buon litro di alcool puro in cui si infondono i vari componenti, siano freschi o secchi, per un tempo più o meno lungo, da 10 giorni a un mese circa, ben chiusi in un vaso ermetico al buio, che si agita regolarmente. Poi basta filtrare la miscela e aggiungere sciroppo di zucchero e nel caso un po’ d’acqua con molta cautela (intorbida) per ridurre il grado alcolico al livello voluto.

Ne risulta un liquore mai troppo dolce, con una gagliarda alcolicità, spesso intorno ai 50° e talvolta fino a 70°, di colore tra il verdastro e il bruno, potentemente aromatico, che benedice un pasto lauto o decisamente greve. Il profumo può essere sovrastato dall’alcool, ma ne riconoscerete i toni del fieno appena falciato e del miele millefiori.

Non vi darò una ricetta, poiché ogni liquorista ha il suo “segreto”, ma escludendo anice prezzemolo e finocchio, ogni erba aromatica e ogni spezia può entrare nella vostra composizione, da quelle alpine alle più esotiche, passando per le erbe del vostro giardino. Il momento ideale per la sua preparazione è la tarda estate, quando quasi tutti gli ingredienti sono ancora disponibili allo stato fresco, e ancora pieni di virtù balsamiche.

La caratteristica dei centerbe è l’arcobaleno dei sapori che riuscirete a intuire in ogni goccia di liquore; più il liquorista avrà lavorato con arte, più voi coglierete le complesse stratificazioni di aroma che si riveleranno prima durante e dopo il vostro assaggio.

Il mio centerbe si nutre di circa cinquanta di queste sfumature: riconoscerle tutte è praticamente impossibile, ma già una goccia, appena in bocca rivelerà la sua complessità untuosa, che si apre in tutta la sua varietà “masticando” il liquore con un po’ d’aria; a tutta prima apparirà l’agrumato, per cedere all’erbaceo, poi al piccante, a toni dolci, speziati, balsamici, infine a un sorprendente tocco floreale prima di spegnersi su note quasi legnose in un retrogusto ancora in evoluzione per un po’. Insomma un piccolo fuoco d’artificio in bottiglia.

Non si tratta di un liquore fine, né pretende la complessità di un grande cognac, il centerbe, tuttavia se fatto con cura e anche solo con poche, dieci, umili erbette d’orto e qualche spezia del droghiere, può dare soddisfazioni più che modeste, oltre che alleviarvi la digestione di un pranzone.

Bevetene con misura, è quasi un medicinale per le sue tante virtù e la sua forza alcolica.


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