Giusto pochi giorni fa, il 4 agosto 2020, si festeggiava il bicentenario artusiano: il primo moderno gastronomo italiano era infatti nato a Forlimpopoli esattamente duecento anni fa.

Pellegrino Artusi (1820 – 1911)
Vale la pena di riprendere in mano la sua Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene, libro che ormai è in ogni casa italiana, e fa parte del repertorio di ricette di chiunque si voglia accingere a preparare un piatto della nostra tradizione gastronomica. Scritto in buona lingua del tempo, a dire il vero assai toscaneggiante, ogni ricetta è stata “scientificamente” collaudata dall’autore; talché, essendo versati un minimo nell’arte culinaria, è difficile che i piatti riescano male, per la precisione nella modalità di esecuzione che l’Artusi descrive nell’opera. Certo, all’epoca si abusava di condimenti, ed oggi molte preparazioni risultano fuori moda e da alleggerire. Oltre ai condimenti letterari, di cui il libro è pieno, tanto che oramai la Scienza in Cucina viene considerata a giusto titolo un classico della letteratura italiana, che ha formato generazioni di lettori, non solo ai fornelli.
La tradizione discorsiva dei ricettari inframmezzati di andeddoti e storielle capaci di interessare le lettrici non tramonterà presto: ne abbiamo un notissimo esempio una cinquantina d’anni dopo con le Ricette di Petronilla, che ricalcano fedelmente le orme artusiane, seppure in chiave ancora più domestica, e con una lingua fattasi ormai moderna, e più vicina all’italiano dei nostri giorni. Sarà solo col Dopoguerra che la maniera artusiana cederà il passo all’essenzialità di ingredienti e ricetta in poche righe, col Cucchiaio d’Argento, edito nel 1950.

La prima edizione de La Scienza in Cucina – 1891
Ma torniamo all’Artusi, ed a quello che ci interessa: se vogliamo trovargli un difetto, il Nostro non era amante dell’alcool, e oserei perfino di dichiararlo astemio, se nell’introduzione all’opera ricorda tra le norme igieniche della tavola che
Non è bene il pasteggiar col vino perché il rosso non è di facile digestione, e il bianco, essendo alcoolico, turba la mente se questa deve stare applicata.
L’uso de’ liquori, che a non istare in guardia diventa abuso, è riprovato da tutti gli igienisti pei guasti irreparabili che cagionano nell’organismo umano. Può fare eccezione soltanto un qualche leggero poncino di cognac (sia pure con l’odore del rhum) nelle fredde serate d’inverno.
Male, male assai poi fanno coloro che si lasciano vincere dal vino. A poco a poco, sentono nausea al cibo, e si nutrono quasi esclusivamente di quello; indi si degradano agli occhi del mondo, diventando ridicoli, pericolosi, e bestiali.
Tra le sue ricette, se ne ricordano poche a base alcolica: tra cui un celebre nocino, qualche rosolio e ponce, un elisir di china, le pesche sotto spirito, e l’uso dell’alchermes e dei rosoli nella zuppa inglese ed altre preparazioni dolci, com’era l’uso del tempo.
Ma alla conclusione del celebre repertorio l’Artusi ci fa una sorpresa, scrivendo degli stomachi deboli. È bello rendere onore al grande gastronomo romagnolo ricordandolo… amante del cognac, e di quello autentico!
In quanto ai liquori farete bene ad escluderne l’uso dal vostro regime anche perché dall’uso si può passare all’abuso che sarebbe fatale; si può fare soltanto un’eccezione pel cognac, senza abusarne però, ma di quello che non costa meno di sei o sette lire la bottiglia.
Qui pongo fine, e ripeto col poeta:
Messo t’ho innanzi: ormai per te ti ciba.
© 2020 il farmacista goloso (riproduzione riservata)
0 Risposte to “Artusi, un bicentenario ed una sorpresa spiritosa.”