Da qualche tempo farsi un risotto è diventato un rebus: da una parte nascono marche di riso sempre più di nicchia, usate dai grandi chef, e reperibili con fatica ed a prezzi da boutique; dall’altra la qualità del riso commerciale sta andando a farsi benedire: per motivi banali, si vuole fare quattrini subito e tanto.
Che sta succedendo? La disputa è tutta all’interno della categoria risicola italiana, per la tutela (sì avete letto bene) del riso italiano: in parole povere da qualche anno la legge italiana permette di commercializzare le varietà consimili sotto il nome del riso di varietà più pregiata: per essere chiari, il riso etichettato Carnaroli non è sempre Carnaroli (quasi mai), ma appartiene a varietà consimili o da questo derivate: in questo caso Carnise o Karnak. Lo stesso avviene per il riso Arborio, e probabilmente per tutte la altre varietà italiane di pregio.
Così avviene che voi, sicuri di impiegare un certo tipo di riso, al momento di usarlo in pentola, vi chiedete come mai il vostro risotto sia diventato una pappa da neonato, nonostante le cure attente in cottura: ecco la spiegazione, vi hanno rifilato un altro tipo di riso (consimile) o una miscela di varietà che però ha ben diverse caratteristiche di cottura e di cosistenza e sapore da quanto vi aspettate e da quanto immaginareste dalla confezione.
In poche parole gli italiani sanno farsi male da soli: invece di difendere con i denti, ora che anche i cinesi hanno scoperto la bontà del riso padano, le loro varietà pregiate e tutelarle il meglio possibile, hanno forzato la mano al legislatore per vendere a caro prezzo qualità meno pregiate o più produttive ma diverse, gabbando il cliente (tanto la legge lo consente) ! Ovviamente senza alcuna chiarezza in etichetta, che sarebbe così semplice.
Cosa direste se compraste Barolo al suo prezzo, e vi rifilassero del vino “gruppo Barolo / tipo Barolo”, per esempio un qualunque Nebbiolo, tanto la legge lo consente? Non sarebbe questa una frode in commercio, da chiamare come tale? Ecco: col riso capita esattamente questo: siamo “cornuti e mazziati” per volontà di legge.Questo è uno degli scandali italiani… e pensare che uno degli artefici principali della “fregatura” è l’Ente Nazionale Risi (uno dei tanti “carrozzoni” inventati in epoca fascista, di cui il nostro loquace Primo Ministro dovrebbe considerare attentamente la rottamazione), il quale, “ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, svolge un’intensa attività mirante alla tutela di tutto il settore risicolo: promuove il riso made in Italy, fornisce assistenza tecnica agli agricoltori e conduce azioni volte al miglioramento della produzione.”
Se ci fosse un Ente Risi francese, certe porcherie non oserebbero nemmeno pensarle, e il Carnaroli (quello vero) sarebbe venduto globalmente come le meilleur riz dans le monde !
Gli altri nomi dei responsabili già li conoscete, sono su ogni scaffale di supermercato. Quantità, mai qualità. Ma tanto gli italiani vanno fatti fessi, e gli stranieri ancora di più.
Naturalmente, con le associazioni di consumatori che ci troviamo, e con un parlamento che ascolta solo i lobbisti e tutela solo i propri interessi di autoconservazione, le speranze che il consumatore abbia ascolto e dignità sono inferiori allo zero.
Per cui pappatevi un riso per l’altro e pagatelo caro. La qualità in Italia è un bene del tutto accessorio e casuale, lasciato alla passione di pochi imprenditori intelligenti, abbandonati dai loro sindacati e dalle istituzioni: sarebbe ora di cambiare anche questi andazzi, l’agro-alimentare è assieme alla cultura il nostro più grande patrimonio, non qualcosa da spremere per fare (solo) soldi facili.
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