Se fino all’anno scorso la Cina è stata la “gallina dalle uova d’oro” per le case produttrici di cognac, con fatturati in crescita a due cifre, circa il 20% in più ogni anno, sembra che la festa sia ormai finita, con lo scoppio della bolla alcolica.
Come è stato già reso noto qualche mese fa, i provvedimenti di sobrietà e di moralizzazione imposti dalla nuova dirigenza del partito cinese ai suoi membri hanno colpito pesantemente nel segno: il presidente Xi Jinping ha bandito eccessi e lussi sfacciati, prima costume corrente nel paese.
Il prossimo capodanno cinese, 31 gennaio 2014, non sarà più annaffiato di cognac ai banchetti, né i dirigenti del partito si scambieranno doni di bottiglie di gran pregio, come d’uso finora. Le grandi case di cognac puntavano tutto sul mercato luxury cinese, visto che la media degli acquisti era ben sopra i 200 dollari al pezzo, un’enormità in rapporto al salario medio locale. Su queste bottiglie di fascia premium le maison hanno un margine mostruoso. Le vendite di cognac in Cina dipendono per un buon quarto da queste usanze, destinate all’abbandono.
La Rémy Cointreau, uno dei big player, ha emesso un profit warning in discesa a 2 cifre per la debolezza del mercato cinese, da cui l’azienda dipende per circa il 60% dei suoi fatturati, una parte assai rilevante. La piazza è ormai da mesi stagnante con forti stock invenduti. Martedì scorso le sue azioni sono crollate del 10% in borsa.
Lo stesso calo si aspettano i gruppi LVMH (Hennessy) e Pernod-Ricard (Martell), benchè meno toccati dal crollo dei consumi, per avere portafogli più diversificati e meno legati al mercato cinese.
I cinesi non smetteranno di comprare cognac, passando magari alle qualità inferiori, ma forse anche noi torneremo a berlo a prezzi più umani.
Fonte: Bloomberg
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